Uno studio recente pubblicato da quattro ricercatori del CNR evidenzia che il sottosuolo italiano è ricco di litio, in particolare in Toscana, Lazio e Campania. Si tratta di un’indagine basata sull’analisi di dati disponibili e nuovi campioni di roccia. Non è escluso, peraltro, che vi siano altre zone ricche di questo prezioso metallo perché vi sono regioni inesplorate come Sardegna e Calabria, oltre che la zona appenninica e adriatica dove ci sono i giacimenti di idrocarburi.
Secondo Giuseppe Sabella, direttore di Oikonova, “se le esplorazioni confermassero questo importante studio, le implicazioni sarebbero rilevantissime. Stiamo parlando di una materia prima fondamentale per le nuove tecnologie e per la cosiddetta transizione ecologica ed energetica. Il nostro Paese, storicamente, non è mai stato ricco di materie prime. Le ha sempre importate e deve la sua fortuna industriale alla sua capacità ingegneristica di trasformarle”.
Ecco perché – spiega Sabella - “il litio italiano potrebbe dare inizio a una storia diversa, a un Paese più autonomo e a un Paese, anche, esportatore di materie prime. Ricordiamoci che i due rigassificatori acquistati recentemente da Snam e che andranno a produrre metano dal gas liquido naturale hanno caratteristiche tali per cui il nostro Paese si appresta a diventare hub energetico del Mediterraneo. In tutto il mondo, vi sono 12 rigassificatori con quelle potenti caratteristiche”.
Tornando al litio – aggiunge Sabella - “si tratta di una materia prima che ha un costo considerevole (80 euro al kg, ndr) e che fino a oggi ha visto (l’Italia e, ndr) l’Europa dipendere completamente da Australia, Cina e Usa in particolare ma anche da Cile, Brasile e Argentina”. Eppure, in ambito continentale, “l’Ucraina ha probabilmente il maggior potenziale di litio dell’intera regione europea, insieme alla Serbia. Importanti ritrovamenti di litio sono stati individuati soprattutto attorno all’area di Mariupol, la città portuale del Donbas oggi dilaniata dai bombardamenti russi”. È chiaro che “Putin vuole le materie prime dell’Ucraina, da una parte per mettere in difficoltà l’Europa, dall’altra per proporsi alla Cina (che vale il 34% della produzione manifatturiera mondiale) come primo fornitore”.
In tale quadro in forte movimento, una cosa è certa nell’ottica del direttore di Oikonova: “Non possiamo pensare di costruire un’industria (continentale) più sostenibile e di ritrovarci con meno occupati. La transizione deve essere sociale per essere giusta, per essere quella Just Transition di cui parlano i programmi europei. In parole povere, la Transizione deve crescere la nostra capacità di produrre ricchezza. Ma, soprattutto, deve tornare a distribuirla”.