La Russia volta le spalle al cartello dei Paesi produttori di petrolio, l’Opec guidato dall’Arabia Saudita, e dice ‘no’ all’estensione dei tagli della produzione a tutto il 2020 per sostenere le quotazioni greggio. La diffusione del coronavirus sta rallentando i viaggi, la produzione e le catene di approvvigionamento globali.
Il piano prevedeva una riduzione di 500.000 barili al giorno per i Paesi non Opec, mentre un altro milione di barili di tagli sarebbe stato a carico del cartello. Tagli che avrebbero ridotto la produzione di circa il 3,6% dell’offerta totale mondiale. Ma non se ne è fatto nulla. Il cartello era in attesa di una posizione da parte di Mosca (secondo produttore mondiale davanti all’Arabia Saudita e dietro agli Stati Uniti), Paese "amico" anche se formalmente esterno all'alleanza dei 13 Paesi aderenti all’Opec.
Il risultato ha innescato alcuni dei maggiori cali di un giorno dei prezzi in oltre cinque anni. Venerdì il Brent Crude ha subito la più grande perdita di un giorno dal 2008, scendendo oltre il 9% a circa 45,27 dollari al barile. I prezzi intermedi del West Texas sono crollati del 10,1% a 41,28 dollari, il più grande calo di un giorno dal 2014 e il livello più basso dal 2016.
Considerando che i prezzi del petrolio sono già crollati di circa il 30% dall’inizio dell’anno, fino a che punto potrà diminuire?