Il mondo che ritorna al carbone per alimentare le sue centrali elettriche libera nell’atmosfera quantità record di gas serra. Lo attesta l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) in un rapporto dell’8 marzo.
Nel 2021 le emissioni di anidride carbonica sono salite del 6%: l’incremento maggiore di sempre porta la CO2 al livello più alto mai registrato. L’esatto contrario di quello che dovrebbe accadere per frenare il cambiamento climatico.
Secondo la Iea, le emissioni di CO2 superano abbondantemente la diminuzione registrata nel 2020, a causa della pandemia da Covid-19. Il rimbalzo delle economie e la ripresa delle attività hanno reso ancora meno realistici i pur deboli impegni presi appena qualche mese fa dai leader mondiali, riuniti nella Cop26 di Glasgow.
L’incremento delle emissioni è dovuto soprattutto alla Cina, già prima al mondo per anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera (in termini assoluti; se invece si prende in considerazione il livello di emissioni procapite il paese primo in classifica sono gli Stati Uniti). Nel 2021, le emissioni di CO2 nella seconda economia al mondo sono aumentate di oltre 11,9 miliardi di tonnellate, pari al 33% del totale.
Prima causa dell’incremento dei gas serra è stato l’aumento dell’uso del carbone. L’impennata del prezzo del gas ha spinto a utilizzare la più sporca delle fonti fossili, quella che dovrebbe essere abbandonata il prima possibile. Il carbone, che ha rappresentato oltre il 40% della crescita delle emissioni globali di CO2 nel 2021, genera il doppio della quantità di anidride carbonica rispetto alle centrali a gas. E con l’aggravarsi dello shock energetico, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, la situazione non potrà che peggiorare.
Per far sì che le emissioni tornino a scendere c’è al momento una solo possibilità: accelerare la transizione energetica verso le rinnovabili. Non solo per motivi ambientali, ma anche economici e geopolitici. Nel frattempo, le quotazioni del carbone sono saliti alle stelle e i prezzi volano. Certo, resta sul terreno il problema delle materie prime, delle quali l’Europa è in larga parte priva. Ed è un gap difficile da colmare.