La più grande società petrolifera norvegese, Statoil, ha cambiato il suo nome in Equinor. L'obiettivo è rafforzare l'orientamento sempre più "green" del big dell'energia.
Il cambio di denominazione consente all'azienda di fare un passo indietro – quantomeno sul piano estetico - dallo stato norvegese, che detiene il 67% delle sue azioni, e soprattutto dal petrolio.
Con il termine Equinor si combinano tre elementi: l'idea di equità e equilibrio ("equi") con l’origine geografica ("nor"). Fondata nel 1972 per gestire i grandi giacimenti petroliferi del paese scandinavo, la società - quotata sia alle borse di Oslo che New York – sta cercando di spostarsi verso le energie rinnovabili.
Il gruppo ha destinato il 15-20% degli investimenti all’utilizzazione di "nuove soluzioni energetiche" entro il 2030. Ma questo cambiamento è visto con sospetto dagli ambientalisti preoccupati per il riscaldamento globale.
L’accusa che rivolgono al gigante dell’energia è di fare “green washing”. Un lifting estetico che, tuttavia, non trova riscontro nei fatti. Come spiega in un tweet Truls Gulowsen, leader di Greenpeace in Norvegia, Equinor sta continuando ad esplorare in aree vulnerabili del pianeta, come l'Artico o il Great Australian Bight.