Addio all’ex premier giapponese e alla sua Abenomics

Shinzo Abe è morto in un attentato. È stato il capo dell'esecutivo più longevo nella terza economia al mondo

Addio all’ex premier e alla sua Abenomics
Shinzo Abe

L’ex primo ministro nipponico Shinzo Abe, 67 anni, è morto dopo essere stato raggiunto da un colpo da arma da fuoco, sparato alle spalle e a distanza ravvicinata, durante un discorso elettorale a Nara, nel Giappone centrale.

La polizia ha riferito che un uomo, il presunto attentatore, è stato arrestato sul luogo dell’attacco, vicino alla stazione Yamatosaidaiji nella città di Nara. Si tratta del 42enne Tetsuya Yamagami, ex militare, membro della marina delle forze di auto difesa giapponesi, un residente locale che era riuscito a eludere la sicurezza.

Abe, che è stato premier del Giappone da settembre 2006 a settembre 2007 e da dicembre 2012 a settembre 2020, diventando così il primo ministro più longevo del paese, viene ricordato soprattutto per l’Abenomics - la serie di iniziative macroeconomiche messe in pratica nella primavera del 2013 allo scopo di sollevare il Giappone dalla decennale depressione economica in cui era caduto - che si compone fondamentalmente di tre direttrici: politica monetaria, politica fiscale e strategie di crescita.

Nello specifico, deprezzamento dello yen al fine di incentivare l’export giapponese continuamente minacciato da quello cinese, tasso di interesse fissato in negativo (per disincentivare il risparmio), politica monetaria espansiva per aumentare l’inflazione tanto da raggiungere e mantenere la soglia del 2% ed uscire dalla situazione di deflazione cronica, aumento di 1,5% della spesa pubblica (raggiungendo l’11,5% nel deficit pubblico). Nel breve termine (molto meno nel lungo), i benefici dell’economia giapponese sono stati indiscutibili.

Nel primo quadrimestre del 2013 il tasso di crescita annuale del Giappone si è attestato attorno al 3,5%, mentre il mercato della borsa valori è cresciuto del 55% in brevissimo tempo; l’avanzo commerciale è salito di trecento miliardi di yen grazie all’incremento del 12% delle esportazioni.

Tra le critiche mosse contro la politica aggressiva giapponese quella riguardante i salari reali che hanno determinato la riduzione del potere d’acquisto dei giapponesi, a causa di un aumento del livello dei prezzi al consumo superiore a quello delle retribuzioni nominali.

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