Nei giorni scorsi ha avuto luogo il sedicesimo incontro tra i leader dei paesi Brics, quel gruppo di Stati composto originariamente da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, a cui si sono poi aggiunti anche Egitto, Iran, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti.
Da tempo un tema centrale in seno ai Brics è la promozione di una nuova valuta internazionale comune ai paesi che fanno parte del gruppo. Questa moneta mirerebbe a contrastare il dominio del dollaro statunitense sul sistema finanziario globale, tutt’ora indiscusso.
Sebbene le banche centrali abbiano diversificato le loro disponibilità, nel 2024 circa il 58% delle riserve internazionali è ancora in dollari. A seguire c’è l’euro (19,8%), e un crescente peso associato allo yen (4,9%) e a monete non tradizionali (11,5%) tra cui il renminbi, il dollaro australiano, il dollaro canadese e i franchi svizzeri.
Dal 2000 si è osservata comunque una crescita per lo yen, la cui presenza nelle riserve è aumentata del 2%, e una contestuale decrescita per il dollaro, molto più ampia e pari al 13,2%.
La riduzione della diffusione del dollaro non è tuttavia associata all’emergere di una singola valuta alternativa, ma a una frammentazione sempre più evidente del sistema internazionale delle riserve.