Il presidente statunitense Joe Biden chiama di persona il leader nigerino Mohamed Bazoum (in carica dal 2021 e democraticamente eletto) appena deposto dai militari golpisti, mentre il capo della Brigata Wagner Evgeny Prigozhin si dice pronto ad inviare “mille mercenari” russi per sostenere i rivoltosi: quanto sta avvenendo a Niamey evidenzia come in Niger (che conta una popolazione di circa 24 milioni di abitanti; nel 2000 erano 11 mln e nel 1980 6 mln; fonte: My Data Jungle) sia in gioco la stabilità dell’intero Sahel, punto di snodo non solo per la sicurezza dell’Alleanza Atlantica e dell’Europa.
Lo Stato africano è uno dei Paesi più poveri del Pianeta (con un Pil pro-capite che nel 2020 non arrivava a 600 dollari), ma dispone infatti di circa il sette per cento delle riserve mondiali di uranio. E la sua posizione geografica lo rende uno snodo strategico per la lotta contro i gruppi jihadisti e i trafficanti di uomini che gestiscono le rotte dei migranti.
Nel frattempo, in Niger, si fa sempre più tesa la situazione. Domenica (30 luglio) migliaia di manifestanti si sono ritrovati, nel centro di Niamey, la capitale, davanti all’ambasciata francese, gridando minacciosi “viva Putin” e “abbasso la Francia” (l’Eliseo ha avvisato che non verranno tollerati attacchi).
Intanto ad Abuja, la capitale della Nigeria, si è riunito un vertice straordinario della Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale: ha approvato un pacchetto di sanzioni contro il Niger dei golpisti e lanciato un ultimatum: “Useremo la forza se entro una settimana non sarà reinsediato il presidente”.