Ovviamente nulla di male in questo, anzi, ma è il sintomo di una vasta sottorappresentazione. E, poi, non hanno mai remato a favore dell’introduzione del salario minimo e di un reddito di ultima istanza, per timore di perdere “potere”.
Sono tutte critiche che è lecito addossare alle forze sindacali, ma spesso si dimentica il ruolo che hanno giocato durante la grande recessione. Hanno contribuito affinché il mercato del lavoro non crollasse pesantemente. O meglio, senza il sindacato il tasso di disoccupazione sarebbe salito a livelli ben più alti rispetto a quelli effettivamente registrati. Sono riusciti a tamponare la crisi con uno strumento spesso bistrattato che ha il nome di contrattazione collettiva. Le associazioni sindacali e datoriali fanno principalmente questo: negoziano il rinnovo dei contratti collettivi nazionali a livello settoriale per milioni di lavoratori e, così facendo, la media salariale tende a non scendere troppo. Come confermano numerosi studi che evidenziano la correlazione positiva fra presenza sindacale e livelli salariali. Certo, si può obiettare che in Italia non sono riusciti a ottenere rilevanti incrementi retributivi. Ma è pur vero che senza la contrattazione collettiva l’occupazione sarebbe crollata e, lo stesso, i salari.
Tuttavia, i sindacati hanno commesso alcuni errori e resta intorno a loro un alone che sa di “vecchio”. Riuscirà Landini a imprimere una nuova freschezza? Di sicuro, dovrà trovare il modo di coinvolgere i giovani. Il che vuol dire rappresentare effettivamente tutti i lavoratori, ivi compresi i disoccupati. Altrimenti sarà una sentenza già annunciata per il sindacato in Italia e anche negli altri paesi europei, che sul pilastro delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva hanno fondato parte della propria storia.