L’intelligenza non è artificiale

L’intelligenza non è artificiale

Si infiamma l’ultima frontiera della competizione tra grandi potenze. Siamo già nell’era delle “macchine che apprendono” (il cosiddetto machine learning) ma l’algoritmo non è ancora in grado di sostituire definitivamente l’uomo nei processi decisionali.

Stati Uniti, Repubblica Popolare Cinese e Russia semmai considerano l’Ai quale moltiplicatore delle proprie capacità, giacché può essere usata per rendere più efficiente l’economia, monitorare le rispettive società, conoscerne e indirizzarne le abitudini, migliorare le proprie capacità militari.

Pechino incentiva la ricerca accademica e la crescita delle aziende chiave per dotarsi di strumenti con cui sorvegliare la popolazione, migliorare la qualità della vita e mettere l’Esercito popolare di liberazione in condizione di combattere le guerre del futuro. A cominciare da quella che potrebbe scoppiare con gli Usa per Taiwan.

A frenare la corsa della Repubblica Popolare è la dipendenza dai software e dagli hardware realizzati dagli Stati Uniti. In particolare, Washington punta sulle sanzioni per impedire a Pechino di accedere ai microchip di alta gamma contenenti tecnologia ‘made in Usa’.

In tale contesto pesa il ruolo di Taiwan (l’isola per Pechino è semplicemente una provincia ribelle), che rappresenta oltre il 50% della capacità fondiaria mondiale nel settore dei semiconduttori. Più in generale, La complessità della filiera produttiva dell’Ai e gli stretti legami tra le comunità scientifiche americana e cinese rendono la tattica a stelle e strisce meno agevole del previsto.

Poi ci sono altri attori coinvolti nella partita sino-statunitense: Italia, Russia, Giappone e India. Il nostro paese non può competere con Usa e Cina nel campo dell’Ai, ma può usare le proprie eccellenze tecnologiche per crescere economicamente. Il supercalcolatore di Bologna – il quarto più potente al mondo – è un esempio delle capacità domestiche.

Mosca vorrebbe servirsi dell’intelligenza artificiale per generare benessere in patria e dotarsi di Forze armate all’avanguardia. Tuttavia, le sue attività tecnologiche subiscono le conseguenze negative della guerra mossa contro l’Ucraina, delle sanzioni occidentali e della fuga dei cervelli.

Tokyo invece punta sull’Ai per evitare che l’invecchiamento della popolazione comprometta la crescita economica del Giappone e gli impedisca di fronteggiare militarmente la Cina proprio nelle acque attorno a Taiwan.

Delhi intende usare l’Ai per velocizzare il complesso piano di unificazione nazionale dell’India, trasformare il paese in polo manifatturiero internazionale e tenere testa a Pechino sul piano bellico lungo la catena dell’Himalaya e nell’Oceano Indiano.

Nonostante gli sforzi di questi paesi al centro della scena restano le prime due economia mondiale: Stati Uniti e Cina.

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