Un’impresa senza precedenti. Il 20 luglio di 50 anni fa i primi passi dell'uomo sulla Luna attraverso il programma Apollo. La tecnologia utilizzata per quella missione speciale a distanza di decenni sta ancora restituendo i suoi benefici sulla Terra. Dai microchip che hanno portato i personal computer nelle case e che sono alla base degli smartphone, fino al velcro e al teflon utilizzato nelle pentole antiaderenti.
La missione Apollo 11 è diventata oggi il simbolo della nuova corsa allo spazio nella quale nuovi protagonisti si sfidano in una gara che intende tornare alla Luna in modo stabile, facendo del nostro satellite una base di ricerca senza precedenti e un avamposto per l'esplorazione del Sistema Solare, a partire da Marte.
Ma facciamo ancora un passo indietro. Tre anni dopo il primo allunaggio, l'11 dicembre 1972 il comandante della missione Apollo 17, Eugene Cernan, è stato l'ultimo uomo a lasciare la sua impronta sul suolo lunare. Da allora c'è stato un lunghissimo silenzio.
Lo sbarco sulla Luna era stato il risultato di una corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica scatenata il 4 ottobre 1957 dal primo satellite artificiale, il sovietico Sputnik; da allora le due superpotenze avevano inseguito un record dopo l'altro e con un netto vantaggio iniziale dell'Urss, soprattutto quando il 3 novembre 1957 lo Sputnik 2 aveva portato nello spazio il primo essere vivente, la cagnetta Laika, e il 12 aprile 1961 era arrivato in orbita il primo uomo, Yuri Gagarin.
Oggi la situazione è differente: Stati Uniti e Russia sono partner nella costruzione e nella gestione della più grande struttura mai edificata fra le stelle, la Stazione Spaziale Internazionale, e collaborano a questa impresa insieme alle agenzie spaziali di Europa, Canada e Giappone.
La Russia è attualmente l'unico Paese in grado di portare uomini in orbita con il lanciatore Soyuz. Ma l’interesse verso la Luna è oramai esploso anche in Cina, India e Israele. E rispetto a 50 anni fa, l’obiettivo questa volta è tornare sulla Luna per restarvi.