Il progresso tecnologico, come la robotica e l'intelligenza artificiale, è spesso associato alla perdita di posti di lavoro e all'aumento della disparità di reddito. Un altro effetto a cui si presta poca attenzione – ma che è invece rilevante – riguarda il gap che tende a crescere tra imprese più e meno innovative.
La variabile discriminante è il livello di investimento in ricerca e sviluppo. E qui sorgono i primi problemi. Osservando la spesa aziendale in R&S, nella maggior parte dei settori emerge un elevato grado di concentrazione, che risulta superiore rispetto alle vendite e agli occupati.
Visto che i servizi digitali sono il settore high-tech più sensibile alla R&S, gli Stati Uniti e la Cina hanno maggiori probabilità di poter puntare su grandi imprese capaci di calamitare e trainare l’innovazione. Per questo motivo, chiusa nella forbice tra Trump e Xi Jinping, la posizione dell’Ue potrebbe farsi più complicata: il vecchio continente è storicamente leader nel settore manifatturiero, che però non è più il volano dell’innovazione.
Nel frattempo le imprese europee perdono terreno nei settori tecnologicamente più avanzati. È, infatti, nei comparti digitali, soltanto in quelli, che nel corso degli ultimi dieci anni è andata aumentando la concentrazione della spesa in R&S. E allora in quale modo l’Ue sta affrontando la questione della tecnologia e creando le condizioni affinché le prossime grandi imprese portatrici sane di R&S nascano in Europa? La risposta al momento è: in nessun modo.