Ha 37 anni e 32 chip sotto la pelle, con uno di questi effettua pagamenti semplicemente avvicinando la mano ad un lettore contactless. È la storia di Patrick Paumen, addetto alla sicurezza olandese che si definisce un biohacker.
La tecnologia che prevede l’impianto di microchip nel corpo umano non è più una novità da decenni, ma questo di Paumen è un po’ un caso estremo. La Bbc riporta però un sondaggio del 2021 condotto su 4.000 europei: ha evidenziato come il 51% degli intervistati prenderebbe in considerazione l’idea dell’installazione di un chip sotto pelle.
Paumen nel suo corpo ha impiantati anche chip per aprire le porte, utilizzare le carte bancarie e quelle per il trasporto pubblico. I chip sottocutanei rappresentano “un’estensione dell’Internet delle cose”, un nuovo modo di connettere e scambiare dati, spiega Theodora Lau, esperta di tecnologia e fintech, coautrice del libro ‘Beyond Good: How Technology Is Leading A Business Driven Revolution’.
L’azienda anglo polacca Walletmor, una delle prime a rendere disponibili al grande pubblico questi sistemi, ha realizzato dei chip sottocutanei ad uso umano che non arrivano al grammo di peso e che sono appena più grandi di un chicco di riso.