Un altro capitolo nell’infinito scandalo diesel-gate che ha travolto Volkswagen. Nel 2015 è emerso che il software, deputato al controllo dei parametri sulle emissioni e installato su 11 milioni di veicoli venduti negli anni recenti, è stato manomesso. Dopo Vw e Audi, adesso è la volta di Porsche SE, la finanziaria che controlla il Gruppo Vw attraverso il 52% delle azioni.
La Procura di Braunschweig aveva chiesto e ottenuto un miliardo da Vw, quella di Monaco 800 milioni da Audi e ora il tribunale di Stoccada ha inflitto una multa di 47 mln alla Porsche SE.
L’accusa rivolta allo storico brand tedesco è di aver violato l'obbligo di divulgare pubblicamente informazioni che potrebbero aver influenzato il prezzo delle azioni della casa automobilistica. Ovvero, Porsche ha rivelato le notizie relative alla truffa sulle emissioni troppo tardi per consentire agli investitori di reagire in tempo utile. Oltre a non essere stata abbastanza tempestiva, la finanziaria sarebbe venuta meno ai propri obblighi di trasparenza nei confronti dei mercati.
Nella sentenza il giudice Fabian Reuschle ha contestato a Martin Winterkorn, non solo ex ceo del Gruppo Vw ma anche numero uno della Porsche SE, di non aver messo a riserva fondi a sufficienza per far fronte alle ripercussioni finanziarie del dieselgate. L’ex numero uno non avrebbe nemmeno fatto correggere le previsioni sul bilancio.
La holding ha criticato la sentenza, evidenziando come la decisione sia stata presa da un singolo giudice. Secondo Porsche SE, il provvedimento non sarebbe fondato su prove concrete. A differenza di Vw e Audi, la società di auto sportive ha tuttavia annunciato ricorso in appello. Il motivo è evidente. Il problema è che la sentenza emessa a Stoccarda riguarda soltanto il periodo dal 23 maggio 2014 al 22 settembre 2015. Il rischio è di andare incontro a una serie di procedimenti e a richieste danni miliardarie.
Nonostante tutto, il Gruppo si conferma primo produttore di auto al mondo (insieme ai marchi Audi e Porsche) e le vendite continuano a crescere.