Niente licenziamenti e chiusure di fabbriche, ma 35mila uscite “socialmente responsabili” e taglio della capacità produttiva. Quello cominciato lunedì 16 dicembre e finito venerdì 20 è stato il round negoziale più lungo nella storia della Volkswagen, giunto a conclusione dopo 70 ore di trattative in un albergo di Hannover.
L’ultimo capitolo della vertenza più drammatica, aperta a settembre dall’azienda, con la minaccia di chiudere fino a tre stabilimenti in Germania, mai successo negli 87 anni di storia del gruppo. Entrambe le parti guardano al bicchiere mezzo pieno del compromesso, che a questo punto non poteva essere comunque indolore.
Il sindacato metalmeccanico Ig Metall evidenzia che “non ci saranno licenziamenti obbligatori”; poi l’azienda precisa che la riduzione della manodopera (35mila unità) avverrà in modo volontario.
“Avevamo tre priorità nei negoziati: ridurre l'eccesso di capacità nei siti tedeschi, ridurre i costi del lavoro e ridurre i costi di sviluppo a un livello competitivo. Abbiamo raggiunto soluzioni praticabili per tutti e tre i problemi”, ha dichiarato Thomas Schäfer, Ceo di Vw.
Una fabbrica sarà ceduta e una riconvertita. Inoltre, la capacità produttiva degli stabilimenti tedeschi sarà ridotta di oltre 700mila veicoli.
Il premier tedesco dimissionario Olaf Scholz ha benedetto l’intesa – che dovrebbe consentire risparmi per circa 15 miliardi di euro all’anno a medio termine - con queste parole: “Soluzione buona e socialmente accettabile”.