Volkswagen è in grave crisi. Ma i lavoratori chiedono un aumento salariale del 7%

Il primo gruppo automobilistico europeo ha annunciato la chiusura di stabilimenti e licenziamenti. Tuttavia, le trattative sindacali per il rinnovo del contratto collettivo proseguono…

VW è in grave crisi. Ma i lavoratori chiedono un aumento salariale del 7%

Circa un anno fa, la presidente del consiglio di fabbrica di Volkswagen, Daniela Cavallo, aveva già avvertito che la più grande casa automobilistica europea si stava “dirigendo verso una tempesta perfetta”. Questa tempesta è ufficialmente arrivata dopo che la dirigenza di VW ha annunciato di recente che sarà costretta a chiudere uno, se non due, stabilimenti automobilistici in Germania e a tagliare migliaia di posti di lavoro a causa del calo delle vendite.

L’annuncio è arrivato poco prima delle nuove trattative per il rinnovo del contratto collettivo previste per fine settembre, che molti lavoratori si aspettavano avrebbero fruttato salari più alti, ma che invece alimenteranno l’incertezza tra i 120.000 dipendenti che lavorano per il Gruppo VW in Germania.

Nel frattempo, la situazione di tensione presso la più grande casa automobilistica europea rischia di riversarsi anche sulla politica tedesca, visto che il 20% delle azioni VW è detenuto dallo Stato federale della Bassa Sassonia. 

C’è poi un altro elemento centrale. Dopo la parziale privatizzazione e la quotazione in borsa dell’ex casa automobilistica statale nel 1960, i lavoratori rappresentati dal potente sindacato dei metalmeccanici IG Metall hanno raggiunto un accordo che ha consentito loro di rinunciare al tipo di contratto collettivo di lavoro comune nell’industria tedesca.

Da allora, gli stipendi VW sono stati significativamente più alti di quelli di altri produttori e negli anni ‘90 i rappresentanti dei lavoratori hanno ottenuto una garanzia di occupazione di 35 anni che escludeva tagli di posti di lavoro fino al 2029. Questa garanzia di occupazione è stata ora unilateralmente eliminata dalla dirigenza VW citando “sfide particolarmente significative” come l’aumento dei costi che incidono sui profitti aziendali.

Nel 2023, il gruppo automobilistico a 10 marchi ha comunque registrato solidi profitti per un totale di oltre 18 miliardi di euro (19,7 miliardi) e ha distribuito 4,5 miliardi di euro di dividendi agli azionisti. Tuttavia, lo scorso anno, il management VW ha lanciato un programma di efficienza mirato a risparmiare 10 miliardi di euro entro il 2026 per aumentare la competitività. E, nell'agosto 2024, la direzione ha dichiarato che erano necessarie ulteriori misure di risparmio, dopo che i risultati deludenti avevano mostrato un calo previsto delle vendite complessive a 320 miliardi di euro, circa 2 miliardi in meno rispetto all'anno precedente.

Secondo un rapporto dell’Associazione dell’industria automobilistica tedesca (Vda), i costi salariali dei produttori tedeschi sono i più alti al mondo, con una media di oltre 62 euro all’ora nel 2023. A titolo di confronto, i costi orari del lavoro sono di 29 euro in Spagna, 21 nella Repubblica Ceca e solo 12 in Romania.

A ciò si aggiunga il noto fattore C. I progressi competitivi compiuti dalla Cina sono stati notevoli e si riflettono nei dati sulla produzione di automobili europee, che mostrano una riduzione complessiva del 40% dall’anno 2000, con Francia e Italia che sono addirittura scese di circa il 50%. Solo le case automobilistiche tedesche sono riuscite a mantenere un po’ la loro posizione.

In mezzo a queste sfide, la dirigenza VW si trova di fronte anche alle richieste dei propri dipendenti, che chiedono un aumento salariale del 7%, nessun licenziamento e nessuna chiusura di stabilimenti. Il sindacato, pur non negando l’evidenza dei numeri legati al costo del lavoro, accusa il management di gravi errori gestionali, che avrebbero compromesso le sorti del colosso tedesco ben più delle richieste della propria forza lavoro.

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