Mentre la guerra a Gaza va avanti da mesi, molti in Medio Oriente e in tutto il Sud del mondo non sono d’accordo con la campagna militare di Israele. E non vedono certo di buon occhio il sostegno fornito dai governi occidentali. Per loro, questa è tanto la guerra di Biden quanto quella di Netanyahu, e la continua indifferenza verso la portata della devastazione ha riaffermato quanto a buon mercato appaiano le vite arabe ai leader occidentali.
Per coloro che hanno vissuto la Guerra Fredda e sono stati testimoni di come le potenze occidentali hanno “gestito” i rapporti con gli Stati postcoloniali e i loro popoli, gli eventi recenti appaiono familiari. Gli Stati Uniti e altri paesi occidentali, principalmente il Regno Unito, hanno perseguito per quasi un secolo una politica interventista e militarista, ignorando gli interessi dei popoli mediorientali.
Le decisioni occidentali sono state storicamente guidate dal desiderio di far contenere “il rischio comunista” e garantire il dominio del capitalismo liberale.
Nel perseguire questo duplice obiettivo, gli Stati Uniti hanno offerto ai leader mediorientali una scelta a somma zero: unirsi ad alleanze di difesa regionale guidate dall’Occidente e aprire la propria economia al capitale globale, oppure essere considerati un nemico.
In nome del mantenimento della stabilità e della garanzia di un flusso ininterrotto di petrolio a buon mercato, le potenze occidentali hanno inoltre stretto patti del diavolo con gli autocrati mediorientali e hanno contribuito attivamente alla fine dei nascenti movimenti democratici.
Come è evidente, la storia recente offre numerosi spunti per capire perché gli “altri” rifiutano l’Occidente. Qualcosa potrebbe, tuttavia, presto cambiare: secondo una notizia riportata dal sito Axios, il segretario di Stato Usa, Antony Blinken avrebbe chiesto al Dipartimento di Stato di valutare le opzioni per un possibile riconoscimento americano e internazionale di uno Stato palestinese. Della serie, meglio tardi che mai.