Ben 75 anni ha compiuto la Nato, l’alleanza militare più potente della nostra epoca. Ne fanno parte 32 paesi situati da una parte e dall’altra dell’Atlantico: dagli Stati Uniti, primo esercito del mondo, fino alle ultime due arrivate, Svezia e Finlandia.
Ma dietro le celebrazioni, in programma questi giorni a Washington, si nascondono problemi esistenziali: se Donald Trump dovesse vincere le presidenziali in programma il 5 novembre, per la Nato sarebbe un salto nel vuoto.
Già in occasione del suo primo mandato alla Casa Bianca, il tycoon aveva minacciato di rinnegare l’alleanza, e oggi nessuno sembra davvero sapere cosa potrebbe fare se fosse eletto.
A febbraio l’ex presidente ha lasciato perplessi gli europei – che hanno affidato per decenni la loro sicurezza all’ombrello americano - dichiarando che non difenderebbe gli Stati che non rispettano l’impegno di dedicare almeno il 2 per cento del Pil alla difesa.
A tal proposito, Giorgia Meloni ha dichiarato che l’Italia raggiungerà il fatidico 2% entro il 2028. Impegno che non sarà affatto facile mantenere visto i vincoli di bilancio del nostro paese che diverranno ancora più stringenti con la procedura (in arrivo da Bruxelles) di infrazione per deficit eccessivo.
Ma torniamo a ‘The Donald’. Immaginiamo dunque che Trump ritiri davvero gli Stati Uniti dalla Nato. Gli europei sarebbero, ad esempio, in condizione di continuare ad assicurare da soli sostegno all’Ucraina? È poco probabile.
Gli alleati della Nato hanno nel frattempo concordato al vertice di Washington di questi giorni sul termine “irreversibile” per definire il percorso di Kiev verso l’adesione al patto. Ma non c’è l’indicazione di una data. E soprattutto l’elefante nella stanza è un altro: sono gli Stati Uniti, anzi Donald Trump.