La situazione sulle due sponde dell’Atlantico solleva più di qualche interrogativo sullo stato della democrazia rappresentativa e sugli equilibri mondiali.
Se esiste un punto in comune tra la società francese e quella statunitense è la delusione di un’ampia fetta della popolazione davanti alla disfunzionalità delle vecchie democrazie, percepite come inefficaci, piegate all’influenza dei capitali e insensibili ai problemi delle persone.
Ma l’aspetto più preoccupante a breve termine è soprattutto l’impatto di queste due crisi sistemiche sugli equilibri globali. Gli Stati Uniti sono e restano la prima potenza mondiale, con la prima economia, il primo esercito e le più grandi aziende tecnologiche. Qualsiasi fluttuazione o inversione di rotta a Washington ancora si ripercuote su tutti i continenti.
La Francia non ha invece l’impatto globale degli Usa, ma è uno dei paesi che propongono da più tempo all’Europa di organizzarsi in vista di un’eventuale eclisse americana. Il problema è che Parigi, proprio nel momento decisivo, pare entrata in una zona di turbolenza che sembra renderla meno influente. È una pessima notizia non solo per i francesi stessi, ma per tutti gli europei che rischieranno di sentirsi mancare la terra sotto i piedi qualora il disimpegno statunitense verso l’Europa diventasse più concreto.