La Cina incassa un altro regalo

Pechino si defila. I cinesi difensori del libero scambio e paese affidabile, senza neanche muovere un dito

La Cina incassa un altro regalo

Con la prima raffica di dazi targati Washington, Pechino si sta ergendo a grande difensore del libero commercio. La Cina punta ad affermarsi come potenza responsabile e garante di stabilità. E a Pechino sembrano aver capito che basta tenere un profilo accomodante o persino restare in silenzio, per trarre vantaggi dalla destabilizzazione creata da Trump presso alleati e partner degli Usa.

Ecco perché, piuttosto di volere un ruolo da protagonista nel processo negoziale sull’Ucraina, Xi Jinping sembra guardare a una posizione defilata. In effetti, farsi vedere al fianco di Trump in questa fase non pare certo un beneficio, mentre suggerire o indicare una presa di distanza dai metodi imprevedibili e noncuranti di alleanze pluridecennali potrebbe portare a vantaggi diplomatici nei rapporti con l’Europa.

Non a caso, nei giorni scorsi l’agenzia di stampa statale Xinhua ha avvisato che Xi ha intenzione di promuovere a livello globale la cosiddetta “iniziativa della Cina pacifica”. Contestualmente, il leader cinese ha ricevuto il segretario del Consiglio di sicurezza russo Sergej Shoigu, auspicando un ulteriore rafforzamento dei rapporti bilaterali e segnalando che le teorie di un “Kissinger bis” (con Trump impegnato a favorire una rottura tra Pechino e Mosca) paiono destinate a restare delle fantasie.

Il trattamento riservato a Zelensky venerdì scorso, così come era accaduto con il ritiro di Joe Biden dall’Afghanistan, servirà inoltre alla Cina per lanciare un monito ai vicini asiatici. Come a dire: “Non fatevi arruolare da Washington in crociate anti cinesi, perché poi quando avrete bisogno del loro aiuto vi abbandoneranno”.

Per non parlare di Taiwan, dove c’è chi inizia a temere un simile rispetto a quello confezionato per Zelensky da parte degli Usa, il cui comportamento potrebbe allo stesso modo accelerare le azioni di Pechino.

Preoccupazione anche in Giappone, dove il premier Shigeru Ishiba continua a covare la tortuosa idea di una Nato asiatica, e in Corea del sud. A Seul cresce il partito di chi vorrebbe sviluppare armi nucleari autoctone per non dipendere dagli Usa. Un desiderio che si sta pericolosamente insinuando a diverse latitudini.

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