Quattro ore di Consiglio Nato-Russia non sono bastate per appianare le “forti divergenze” tra i due blocchi. Sull’Ucraina e non soltanto. Le distanze rimangono incolmabili.
La Nato pretende che Mosca ritiri le sue truppe da Ucraina, Georgia e Moldavia; non ponga veti sulle future adesioni all’Alleanza; non si intrometta su dove i trenta alleati occidentali possono schierare le proprie forze.
Mosca chiede all’Occidente di escludere nuovi membri come Ucraina, Georgia o Finlandia e vuole delle limitazioni agli schieramenti dell’Alleanza in Polonia e negli Stati baltici che hanno aderito alla Nato dopo la Guerra Fredda.
La crisi in Ucraina – secondo la vice segretaria di Stato Usa Wendy Sherman - “è stata creata dalla Russia e spetta alla Russia risolverla. È Mosca che deve scegliere tra la diplomazia e lo scontro con le sue conseguenze.”
“Con il suo comportamento, la Nato sta creando rischi inaccettabili per la Russia”, ha osservato il vice ministro degli Esteri russo, Aleksander Grushko, capo della delegazione russa al Consiglio Nato-Russia.
Oltre le dichiarazioni, resta una domanda: perché Mosca sta avanzando queste richieste proprio adesso? Coma Pechino, Vladimir Putin è convinto che i tempi siano maturi per modificare i rapporti di forza.
Cina e Russia ritengono che l’occidente sia indebolito, con gli europei troppo divisi e Joe Biden assorbito dai problemi interni. Per questo Putin ha deciso di fare pressione sull’Ucraina con l’invio di un gran numero di soldati, puntando sul fatto che nessuno è disposto a “morire per Kiev”.
Così facendo, paradossalmente, il presidente russo ha tuttavia dato una nuova ragione di esistere alla Nato, la stessa organizzazione che il presidente francese Emmanuel Macron aveva definito nel 2019 “in stato di morte cerebrale”.
In passato alcuni, come Vaclav Havel nel 1989, hanno sognato una scomparsa della Nato insieme al Patto di Varsavia, ma oggi nessuno in Europa vuole privarsi della protezione contro una Russia sempre più minacciosa.