Nei giorni scorsi, mentre Vladimir Putin stava mandando una serie di battaglioni sulla frontiera con l’Ucraina, l’ex cancelliere Gerhard Schroeder si schermiva pubblicamente per le crescenti preoccupazioni sollevate da Kiev nei confronti di Mosca.
È solo un nuovo capitolo delle tormentate vicende dell’ex leader socialdemocratico che quasi due decenni fa chiuse l’accordo con il Cremlino per il più controverso gasdotto del mondo: Nord Stream 2.
Ora, il possibile ingresso del socialdemocratico nel Cda di Gazprom, il colosso statale russo, scatena nuove polemiche in Germania. L’Associazione dei contribuenti tedesca chiede che gli vengano tolti l’ufficio e la scorta. Accuse arrivano anche dal leader della Cdu, mentre i social-democratici (il partito di Schroder) si spaccano.
Oltre alle vicende personali dell’ex cancelliere tedesco, resta al centro della scena il gasdotto offshore Nord Stream 2, che collega direttamente la Russia alla Germania. Cancellare l'infrastruttura costerebbe denaro alla Russia, ma per la Germania sarebbe un problema ancora più serio, in quanto il gas naturale liquefatto degli Stati Uniti non sarà molto probabilmente in grado di colmare il deficit di fornitura.
La Germania è intrappolata tra la crescente pressione degli Stati Uniti, affinché Berlino si unisca all’imposizione di nuove sanzioni economiche alla Russia, e il suo stesso interesse naturale ad avere buone relazioni con Mosca e importare la tanto necessaria (al momento) energia. È il prezzo che la prima economia europea deve pagare nel breve-medio periodo per portare avanti la scelta di ridurre la propria dipendenza dall’energia nucleare.