Per ora può forse esultare, perché Theresa May ha puntato su una Brexit “soft”. Jaguar Land Rover tira, così, un sospiro di sollievo dopo aver dichiarato che un accordo “hard” sarebbe costato al gruppo più di 1.2 miliardi di sterline di profitti annuali.
Come è possibile? Ogni auto che esce dagli stabilimenti del Regno Unito è composta da decine di migliaia di parti che prima di essere assemblate tutte insieme hanno viaggiato su e giù per il continente.
I prodotti chimici per la pelle e le tinture utilizzate per i sedili, ad esempio, sono acquistati in Germania e in Italia. Le pelli vengono poi spedite in Polonia, dove vengono tagliate e cucite prima di tornare nel Regno Unito. Il telaio del sedile utilizza acciaio tedesco che viene pressato nella Repubblica ceca, verniciato e saldato in Gran Bretagna e, dunque, trasferito nel nuovo stabilimento della società a Nitra, in Slovacchia. Ciò significa che più de 40% delle parti contenute in un’auto JLR, che produce più di 600 mila unità l'anno, è importata da qualche paese europeo.
Tutti questi vorticosi movimenti – in caso di hard Brexit - sarebbero stati sottoposti a dazi e, sopratutto, a barriere non tariffarie (regole, controlli, conformità dei prodotti). Sono, infatti, proprio quest’ultime a rappresentare i costi maggiori per gli scambi transfrontalieri. E per l’industria dell’auto sarebbe potuto essere un salasso, sia per gli utili delle aziende produttrici ma anche per gli 856 mila posti di lavoro del settore.