Il lavoro nero in Italia "produce" 77,8 miliardi di euro di valore aggiunto. È quanto sostiene la Cgia di Mestre utilizzando dati Istat relativi al 2019.
A livello nazionale, sono poco meno di 3,3 milioni le persone che quotidianamente per qualche ora o per l’intera giornata si recano nei campi, nelle aziende, nei cantieri edili o nelle abitazioni degli italiani per esercitare un'attività lavorativa irregolare.
Il tasso di irregolarità è al 12,8%, mentre il peso del valore aggiunto generato dall’economia sommersa è del 4,9%. Una piaga sociale ed economica che, su base regionale, presenta livelli diversificati.
La Lombardia, ad esempio, sebbene conti oltre 504 mila lavoratori occupati irregolarmente in senso assoluto, è il territorio meno interessato dal fenomeno se si declinano i dati in termini relativi: il tasso di irregolarità è pari al 10,4%, mentre l’incidenza del valore aggiunto prodotto dal lavoro irregolare sul totale regionale è pari al 3,6%, il tasso più basso presente nel Paese.
Per contro, la situazione più critica si registra in Calabria: a fronte di soli 135.900 lavoratori irregolari, il tasso di irregolarità è del 22% e l’incidenza dell’economia prodotta dal sommerso sul totale regionale ammonta al 9,8%.