In Italia non c’è mai stato il liberismo? “È una sciocchezza che può esser facilmente smentita guardando i dati”, taglia corto l’economista Emiliano Brancaccio. Per esempio – spiega – “l’Ocse ricorda che tra il 1990 e il 2000 l’Italia ha realizzato il record delle privatizzazioni di imprese a partecipazione statale, con introiti totali pari a 108 miliardi di dollari a fronte di 75 miliardi in Francia, 63 nel Regno Unito, 22 in Germania. Come segnalato dalla ricerca scientifica e dalla stessa Corte dei Conti, questa politica di liquidazione del capitale pubblico ha dato risultati molto deludenti in termini di aumento generale dell’efficienza del sistema.”
“L’evidenza indica che le privatizzazioni hanno spesso sostituito monopoli pubblici con posizioni di sostanziale monopolio privato, con danni per la collettività e vantaggi solo per i nuovi proprietari – prosegue l’economista -. Inoltre, le privatizzazioni non hanno contribuito al contenimento del debito pubblico. Uno dei motivi è che da un lato lo Stato incassa dalla vendita, ma dall’altro subisce una perdita in termini di entrate future, visto che non dispone più dei profitti delle aziende privatizzate. Profitti che in molti casi c’erano, a dimostrazione che non si trattava solo di aziende decotte.”
Tra i tanti esempi di liberismo attuati in Italia, il più rilevante – secondo Brancaccio – “riguarda il mercato del lavoro. In un quarto di secolo segnato da una lunga sequenza di politiche di precarizzazione, l’indice generale di protezione del lavoro è crollato di circa il 45% in Italia, rispetto a una riduzione del 17% della media Ocse. Anche in tal caso, gli esiti di questa politica liberista sono stati ben diversi rispetto ai proclami: la precarizzazione ha indebolito le lavoratrici e i lavoratori e ha contribuito allo schiacciamento dei salari, mentre non ha avuto effetti sull’occupazione. Chiunque legga un po’ di letteratura scientifica in tema, non si meraviglia del risultato. Come ammesso persino da Fmi, Ocse e Banca Mondiale, non ci sono evidenze empiriche a sostegno dell’idea che le politiche di precarizzazione aiutino a creare posti di lavoro.”