Lo yuan è riuscito a sovraperformare la valuta statunitense per la prima volta nella sua storia in una battaglia che è appena agli inizi. La quota dello yuan nelle transazioni transfrontaliere della Cina è salita al massimo storico del 48% a marzo. Il dato assume ancora più rilevanza se si considera che nel 2012 era pari allo zero per cento. È quanto emerge dai dati forniti dall’Amministrazione statale dei cambi della Cina.
Nello stesso mese, invece, l’utilizzo del dollaro è sceso al 47%. Una percentuale ben più bassa di quella registrata ad esempio nel 2012, pari all’83% .
Occorre precisare che questi valori sono calcolati in base al volume di tutti i tipi di transazioni, inclusa la negoziazione di titoli attraverso i mercati dei capitali della Cina continentale e di Hong Kong, ma non vengono prese in considerazione le transazioni effettuate dal resto del mondo.
Ecco allora che il punto centrale si sdoppia, mostrando una doppia faccia. Da un lato, c’è indubbiamente in atto un processo di erosione del dominio del dollaro (a cominciare da quanto sta avvenendo in Cina). Dall’altro, allargando lo sguardo a tutto il mondo, la quota dello yuan nelle transazioni a livello globale resta molto bassa: è salita al 4,5% a marzo, mentre il dollaro si è attestato all’83,71% (dati SWIFT).
Numeri piccoli, quelli evidenziati dall’utilizzo dello yuan, che però non sembrano scoraggiare gli attori in gioco. Dopo il conflitto tra Russia e Ucraina, il mondo occidentale ha deciso di emarginare economicamente la Russia. In questo quadro, Vladimir Putin ha annunciato, insieme al suo omologo cinese, Xi Jinping, l’intenzione di abbandonare il dollaro per adottare lo yuan per il commercio internazionale, in particolare con Asia, Africa e America Latina.
Subito dopo, anche altri Paesi hanno deciso di siglare accordi con la Cina per utilizzare lo yuan negli scambi commerciali. Così hanno fatto, tra gli altri Arabia Saudita, Argentina, Brasile. Tre importanti paesi del G20. A proposito di piccoli numeri.