Il presidente statunitense ha messo di fatto Giorgia Meloni dinanzi a un bivio: puntare sull’unità europea o trattare separatamente rischiando ritorsioni (o peggio)?
La questione non è affatto di lana caprina e rivela la consueta strategia di Washington che ha storicamente cercato di non contribuire, se non impedire, la trasformazione dell’Ue negli Stati Uniti d’Europa (ovvero una macroregione con un’unica politica monetaria e fiscale).
Gli Usa hanno perlopiù teso a far sì che l’Ue restasse incompleta, e non troppo forte, così da non poter neanche potenzialmente mettere in discussione il primato dell’economia americana.
Gli scenari che potrebbero a questo punto delinearsi, considerando l’avversione di Trump verso il multilateralismo, sono sostanzialmente due, ma entrambi sono però pieni di bucce di banane sui cui è facile scivolare.
Prima possibilità: Meloni riesce a fungere da cerniera tra Washington e Bruxelles, e a ridurre l’impatto potenziale della politica economica trumpiana sul Vecchio continente. Ma così facendo metterebbe in ombra le istituzioni europee e i loro rappresentanti, e irriterebbe le prime due economie dell’Ue (Germania e Francia).
Seconda possibilità: la premier italiana accetta il confronto bilaterale (Usa-Italia), ponendo di fatto l’Italia con un piede fuori dall’Ue.
Ci sarebbe una terza possibilità (Meloni rifiuta di trattare bilateralmente con Washington, lasciando il potere negoziale a Bruxelles, e mandando in frantumi il rapporto costruito con Trump e Musk) che però appare oggi come uno scenario altamente improbabile.