Lo stato di salute dell'economia portoghese migliora. A sostenerlo è il medico curante del paese lusitano, quel Fondo monetario internazionale che dal 2011 al 2014 ha prestato 26,3 miliardi di euro al Portogallo nell'ambito di un pacchetto di salvataggio da 78 mld di euro con l'Ue.
Il paese è uscito dal programma di salvataggio nel 2014 e oggi i principali indicatori macroeconomici raccontano un trend positivo anche se sussistono alcune aree vulnerabili che potrebbero minare la ripresa. Crescita al 2,6% nel 2017 (1,5% l’anno precedente), mentre il disavanzo e il debito, rispetto al Pil, sono stati pari al 2% e 130,1% nel 2016. Ma l’istituto di Washington ha fiducia nel fatto che le percentuali possano scendere ancora fino a raggiungere, rispettivamente, lo 0,9% e 118,9%. % entro il 2019.
Come si spiega questo cambio di passo? La risposta è negli andamenti delle esportazioni e degli investimenti, ovvero i due driver della crescita lusitana insieme al boom del settore turistico. L’export del 2017 ha raggiunto in valore il livello di 1,9 miliardi di euro e dovrebbe salire a 2,4 mld nel 2018.
Tuttavia, vi sono ragioni per essere scettici sulla capacità di mantenere queste performance macroeconomiche. Uno dei principali motivi di preoccupazione è il persistere di livelli consistenti di crediti deteriorati (Npl) presenti nei bilanci delle banche: costituiscono il 15,5% di tutti i prestiti concessi in Portogallo.
Altri motivi sono, invece, connessi al contesto globale. Mentre un dollaro più forte potrebbe aumentare le importazioni degli Stati Uniti, il rallentamento e la possibile chiusura del programma di acquisto di bond da parte della Banca centrale europea avrebbe l’effetto di aumentare i tassi di interesse.
In queste condizioni sarebbe più difficile riuscire a mantenere significativi livelli di crescita.