Il mondo ha ansimato di stupore per l’impressionante crescita annua del Pil cinese nell’ultimo decennio, quando la Repubblica Popolare è diventata una potenza globale. L’anno scorso, tuttavia, la pandemia ha distrutto quell’incredibile traiettoria, portando all’espansione più lenta della Cina dal 1976 (‘appena’ il 2,3%). Ma quella cinese è stata comunque l’unica a segnare un segno positivo nel 2020 tra le grandi economia avanzate.
Il paese, nella regione asiatica, con le migliori performance è stato tuttavia Taiwan, il territorio controverso che la Cina vede come il suo, che ha visto il Pil espandersi del 3,11%. L’isola, che conta 23 milioni di abitanti ed è stata ampiamente elogiata per la gestione della crisi sanitaria, ha anche beneficiato della domanda dei suoi prodotti tecnologici.
Il settore dei semiconduttori a Taiwan è cresciuto del 22,1% a fronte del 5,6% della Corea del Sud. La pandemia ha scatenato importanti interruzioni della catena di approvvigionamento e della logistica in tutto il mondo, che inizialmente hanno rallentato drasticamente il commercio globale. Ma poi l’industria dei semiconduttori di Taiwan, che fornisce i microchip che vengono utilizzati in numerosi prodotti (computer, smartphone, veicoli elettrici), si è ripresa. Nonostante la pandemia, le esportazioni di Taiwan sono infatti aumentate nel 2020 del 4,9%.
Le forti capacità produttive di Taiwan hanno consentito al paese di dominare il mercato globale dei microchip nonostante la forte concorrenza di Corea del Sud, Giappone, Cina, Stati Uniti e India. Nel 2020 la produzione di semiconduttori ha toccato nell’isola i 115 miliardi di dollari. E anche nel 2021 Taiwan continuerà a beneficiare del grave deficit globale di chip.