La seconda economia al mondo rallenta. Dopo un 2018 in crescita del 6,6%, al passo più lento degli ultimi 28 anni per l’economia cinese, l'anno in corso vedrà un Pil stimato nel 6-6,5%.
Nell’intervento di un'ora e mezza al Congresso nazionale del popolo, la sessione parlamentare annuale, il premier cinese Li Keqiang riconosce che gli scenari non sono più semplici quando i "rischi e le sfide sono più grandi e maggiori in numero e dimensioni".
Lo sforzo del governo di Pechino è assicurare la stabilità con un programma orientato alla crescita per compensare le troppe spinte al ribasso: il rapporto deficit/Pil è in aumento al 2,8%, mentre il taglio delle tasse da quasi 300 miliardi di dollari e il sostegno all'occupazione sono due dei pilastri portanti delle strategie. Agli stimoli all'economia contribuiranno le amministrazioni locali che potranno emettere nuovo debito per finanziare le infrastrutture generando risorse possibili pari a 300 mld, secondo le ipotesi degli analisti.
Li, che promette oltre 11 milioni di nuovi posti di lavoro, parla di meno burocrazia per le imprese e un modello "neutrale" di concorrenza con le aziende di Stato. Per le imprese straniere il Congresso si appresta ad approvare la legge di tutela della proprietà intellettuale e contro gli abusi del governo centrale, una delle misure di risposta alle richieste degli Usa.
Quanto al budget militare, il rialzo nel 2019 è del 7,5%, meno dell'8,1% del 2018, fino a circa 175 mld, in base alle indicazioni date dal ministero delle Finanze.