L’intervento era molto atteso, viste le defezioni importanti (Trump, Macron, May), ma è durato poco: appena sei minuti. Tanto è durato l’intervento al Forum economico di Davos di Jair Bolsonaro, il nuovo presidente del Brasile che ha promesso di trasformare la principale economia dell’America Latina.
Da buon leader populista, la sua trasferta svizzera appare studiata nel dettaglio. Al mattino è uscito per una passeggiata in centro con il figlio Eduardo. Poi, a pranzo, lo hanno immortalato in un supermercato con un sandwich in una mano e una cola nell’altra. Forse per dimostrare ai brasiliani che, anche tra le élites economico-finanziarie, lui resta il Presidente del Popolo.
Ma l’obiettivo prioritario è un altro: attirare investimenti esteri. “In Brasile abbiamo bisogno di voi – dice alla platea in sala - e voi avete bisogno del Brasile”. E promette “riduzione delle tasse, semplificazioni, lotta alla corruzione e agevolazioni per gli investimenti”. Poi respinge le accuse di voler deforestare l’Amazzonia. E, infine, esalta la triade Dio, Patria e Famiglia: “Il Brasile prima di tutto e Dio prima di tutti”. Una sorta di America First in chiave cattolica.
Al di là degli slogan, come Trump e Macron (che hanno in comune con il presidente brasiliano il fatto di esser saliti al potere molto rapidamente) presto anche Bolsonaro dovrà fare i conti con la realtà. Ovvero, un Paese dall’enorme potenzialità ma ancora dilaniato da povertà e corruzione.