L’Italia fa parte del gruppo di 9 Paesi dell’Eurozona “rimandati”. Assieme ad Austria, Germania, Lussemburgo, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Portogallo e Slovacchia, il nostro Paese ha trovato a Bruxelles una promozione con riserva sulla politica economica del Governo Meloni. Rischiano di non essere in linea invece Belgio, Finlandia, Francia e Croazia. Promossi solo in 7: Cipro, Estonia, Grecia, Spagna, Irlanda, Slovenia e Lituania.
La Commissione europea rileva che nel piano di Bilancio presentato l’Italia non rispetta pienamente il tetto di spesa previsto per il prossimo anno in base alla raccomandazioni del Consiglio Ue. Bruxelles chiede a Roma “di essere pronta a introdurre le misure necessarie” per rimettere in careggiata le finanze pubbliche. La posizione potrebbe essere prodromica a una procedura per deficit eccessivo nel 2024.
La Commissione europea raccomanda “agli Stati membri di assicurare politiche fiscali più prudenti”, ha detto il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis presentando il pacchetto di autunno del semestre europeo. Gli ha fatto eco il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni: “Mentre la Bce porta avanti la lotta all’inflazione”, abbiamo bisogno di “adottare politiche fiscali coordinate e prudenti, a partire dalla riduzione delle misure di sostegno all’energia”.
Il 14 luglio scorso, sulla base delle proposte della Commissione, il Consiglio aveva raccomandato all’Italia un target di aumento nominale della spesa pubblica netta non oltre l’1,3 per cento, dal 2023 al 2024. Su questo punto l’Italia è nominalmente in linea con le raccomandazioni, perché secondo le previsioni economiche d’autunno della Commissione, la spesa pubblica netta aumenterà dello 0,9 per cento nel 2024, rispetto al 2023, ben al di sotto del limite dell’1,3 per cento. Sostanzialmente, però, la Commissione nota che l’aumento della spesa è stato ben maggiore di quanto appare.
Il target dell’1,3 per cento, infatti, era basato sulle previsioni economiche della primavera scorsa, che prospettavano un aumento della spesa nel 2023 molto inferiore a quello che poi si è verificato. Questo perché, dopo che il governo italiano ha deciso la riclassificazione dei crediti d’imposta previsti dal Superbonus edilizio, che da esigibili nel 2023 diventeranno inesigibili nel 2024, si è registrata una forte impennata delle richieste del Superbonus nel 2023, con un aumento sostanziale della spesa pubblica primaria, pari allo 0,8 per cento del Pil in più rispetto a quanto era stato previsto in primavera.