Assieme alla curva dei contagi torna a crescere sui media anche il dibattito sul Mes, cioè sull’uso o meno da parte del governo della linea di credito speciale (pandemic crisis support) messa a disposizione dal Meccanismo europeo di stabilità, un’istituzione per finanziare con prestiti agevolati le spese sostenute dai paesi membri per affrontare la crisi sanitaria.
Ma “il dibattito è più o meno insensato – spiegano Massimo Bordignon e Gilberto Turati -. C’è una corrente di fautori a oltranza, secondo i quali se non si usano questi fondi non si potrà mai riformare la sanità italiana. A loro si contrappongono i detrattori: insistono sul fatto che il ricorso al Mes porterebbe inevitabilmente a forme di sorveglianza macroeconomica, prive di senso nel contesto attuale”.
La realtà sul piano economico è tuttavia un’altra. Il vantaggio potenziale di ricorrere alla speciale linea di credito del Mes è che permette di risparmiare sugli interessi. La sua convenienza dipende dalla differenza tra i tassi di interesse che il paese potrebbe spuntare finanziandosi sul mercato rispetto a quelli che dovrebbe pagare chiedendo i soldi in prestito al Mes. “Ai tassi attuali un beneficio netto esiste ancora – precisano Bordignon e Turati -. Ma è anche vero che si sta riducendo rapidamente, con il rendimento del Btp a 10 anni sceso attorno allo 0,8%. È inoltre un fatto che, nonostante tutte le rassicurazioni della Commissione, esiste ancora un forte ‘effetto stigma’ sul ricorso al Mes, giustificato o meno che sia”. A dimostrazione, basta guardare all’esperienza del Sure , uno strumento analogo di prestiti agevolati da parte dell’Ue, in questo caso condizionato a finanziare spese a sostegno dell’occupazione. Mentre dodici paesi dell’area euro, tra cui l’Italia, hanno già chiesto un prestito al Sure, nessun paese dell’Eurozona ha al momento richiesto il finanziamento del Mes.
D’altra parte, “appare poco convincente anche la posizione intermedia assunta dal ministro dell’Economia. Per Roberto Gualtieri, il Mes è come un bancomat che garantisce al paese la possibilità di accedere, fino ad un massimo di 36 miliardi, a prestiti agevolati; meglio allora non usare questa possibilità adesso, quando i tassi sono bassi, ed esercitare invece l’opzione nel caso i nostri tassi dovessero di nuovo ricominciare a crescere o si verificassero altri problemi di liquidità. Il problema con questo argomento è che mentre è vero che i paesi euro possono fare richiesta al Mes fino alla fine del 2022, l’accesso ai fondi richiede una preliminare attestazione di sostenibilità del debito del paese richiedente da parte delle istituzioni europee”. In altri termini, c’è il rischio che proprio quando ci serverebbe esercitare l’opzione Mes questa non sia più disponibile.
Ma l’elemento forse più surreale di tutto il dibattito è che si svolge senza alcun riferimento ai costi che il ricorso al Mes dovrebbe finanziare, cioè alle spese necessarie per riformare il sistema sanitario per renderlo più pronto ad affrontare le crisi pandemiche presenti o future. Ragionevolmente – aggiungono Bordignon e Turati - “si dovrebbe prima specificare il progetto di riforma della sanità e quantificarne tempi e costi; dopo si può anche ragionare se convenga finanziarlo solo con risorse interne oppure ricorrendo anche a prestiti dal Mes. Ma di questo articolato progetto di riforma del sistema sanitario italiano non c’è traccia”.