La situazione economico-finanziaria israeliana ha cominciato a risentire delle crescenti tensioni insorte tra palestinesi e israeliani ma, soprattutto, fra israeliani, dopo le elezioni politiche dello scorso novembre e la successiva nomina di Benjamin Netanyahu alla guida di un governo ultraconservatore.
I mercati finanziari sono stati i primi a reagire. La borsa israeliana ha cominciato la sua caduta a metà di agosto e da allora non si è più ripresa. I tassi d’interesse sui titoli di Stato israeliani nelle ultime settimane hanno registrato rialzi superiori alle aspettative. La volatilità è tornata ad aggredire il mercato dei cambi.
Eppure, l’economia israeliana negli scorsi anni aveva stupito per la sua straordinaria crescita e un’inflazione relativamente bassa. Così in pochi anni il Pil pro-capite israeliano ha superato quello italiano. Perché allora desta preoccupazione la situazione dell’economia israeliana? I motivi sono sostanzialmente due.
Il primo ha a che fare con la qualità delle sue istituzioni, ora messa in discussione dalle riforme proposte dal governo Netanyahu in termini di riduzione di autonomia e poteri dell’Alta Corte israeliana. Fatto grave per una giovane democrazia come quella israeliana, priva di una Costituzione e dove già oggi molti diritti sono affidati ai tribunali rabbinici.
Il secondo riguarda la crescente polarizzazione della sua società. Nei paesi poco omogenei il grado di fiducia reciproca diminuisce. Il bene comune non è più visto come una priorità e le persone si comportano in maniera più egoistica.
Oggi lo scontro - tra una sinistra più ricca, istruita, laica e progressista, che tiene le redini dell’economia e della difesa, divenuta sempre più tecnologica, e una destra religiosa più povera e rissosa - rischia di distruggere il miracolo di uno Stato che in pochi decenni ha saputo crescere. Anche se non ha saputo trovare una soluzione alla questione più importante: quella palestinese.
Alla base della polarizzazione vi è anche una distribuzione del reddito particolarmente iniqua. Israele si è trasformato nel tempo in uno dei paesi dove le disuguaglianze sono tra le più alte al mondo, molto vicine ai livelli raggiunti dagli Stati Uniti, dal Cile e dalla Turchia.