Il prodotto interno lordo di Israele è crollato del 19,4 per cento nell’ultimo trimestre del 2023 in termini annualizzati rispetto al periodo precedente, a causa della guerra nella striscia di Gaza. È quanto emerge dai dati dell’Ufficio centrale di statistica.
Nel corso dell’anno, il Pil dello Stato ebraico è cresciuto del 2 per cento, contro le previsioni formulate dalla Banca centrale israeliana per un aumento del 2,3 per cento alla fine di ottobre, meno di un mese dopo l’attacco di Hamas. L’ultimo trimestre del 2023 è stato il peggiore, in termini di Pil pro capite, dal primo trimestre del 2020, segnato dalla pandemia Covid-19.
I consumi privati sono diminuiti del 27 per cento su base trimestrale annualizzata, a causa del crollo della domanda e della fiducia dei consumatori nel primo periodo della guerra. Le esportazioni sono scese del 18 per cento, mentre le importazioni sono crollate del 42 per cento.
La diminuzione registrata nel quarto trimestre è stata la maggiore dal secondo trimestre del 2020, quando il Pil è sceso del 29 per cento a causa della pandemia di Covid-19 che ha colpito le imprese.
A novembre la banca centrale israeliana ha ridotto le sue previsioni di crescita per il 2024 al 2% dal precedente 2,8%, a seguito del primo periodo della guerra. E a gennaio ha anticipato che la guerra potrebbe costare fino a 210 miliardi di shekel (58,22 miliardi di dollari).
L’offensiva su Gaza inoltre ha portato a una grave carenza di manodopera e a un crollo del turismo in Israele. Nei giorni successivi al 7 ottobre, l’esercito israeliano ha richiamato più di 300.000 riservisti ed è stato vietato l’ingresso nel Paese ad almeno 160.000 impiegati palestinesi, una quota rilevante della forza lavoro nell’edilizia e nell’agricoltura.