La Croazia ha celebrato nei giorni scorsi con tanto di fuochi d’artificio l’apertura al traffico del ponte di fabbricazione cinese tra la penisola di Pelješac e la contea di Dubrovnik-Neretva. L’infrastruttura, costruita da un consorzio guidato da China Road and Bridge Corp e finanziata dall’Ue all’85%, permette ai croati di raggiungere l’area costiera meridionale senza passare più per la sottile striscia di territorio della Bosnia-Erzegovina affacciata sul Mar Adriatico. Di fatto, il ponte assicura a Zagabria l’integrità territoriale e ridimensiona la già limitata proiezione marittima di Sarajevo.
I media cinesi hanno posto l’accento non solo sulla rapidità con cui è stata conclusa l’opera (appena cinque anni), ma anche sul fatto che sono stati rispettati tutti i regolamenti dell’Ue in merito alla tutela ambientale. Lo scopo principale di Pechino è in verità rilanciare la piattaforma di collaborazione allestita con 16 paesi dell’Europa centrale e orientale.
Ma ora diversi membri di questo consesso dubitano della vantaggiosità degli investimenti della Repubblica Popolare e della crescente penetrazione di quest’ultima nel loro tessuto politico, economico e sociale.