Da otto giorni Cecilia Sala è in una cella del famigerato carcere di Evin, a Teheran, in isolamento ma per fortuna “in buone condizioni di salute”.
Dell’arresto in Iran della giornalista di Chora Media e del Foglio si è saputo solo il 27 dicembre, quando ormai il riserbo non era più sostenibile, con familiari e colleghi sempre più in apprensione e il governo che, da Palazzo Chigi alla Farnesina, è “al lavoro per riportarla in Italia al più presto”.
“Cecilia era partita il 12 dicembre da Roma per l'Iran con un regolare visto giornalistico. Aveva fatto una serie di interviste e realizzato tre puntate del suo Stories”, spiega una nota di Chora News, la piattaforma di podcast diretta da Mario Calabresi.
Del motivo del suo arresto o dei capi di imputazione non si sa ancora nulla, ha spiegato il ministro Antonio Tajani, chiedendo comunque di mantenere la riservatezza sul caso per non ostacolare i contatti diplomatici.
Prima di essere arrestata, Sala, appassionata conoscitrice dell’Iran, aveva raccontato nel suo podcast storie sul patriarcato nel Paese e sulla comica iraniana Zeinab Musavi, arrestata dal regime per gli sketch di uno dei suoi personaggi.
Aveva parlato anche con Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie che per quasi mezzo secolo aveva contribuito a creare l’estesa rete di milizie filo-iraniane operanti in mezzo Medio Oriente.