Ancora oggi sono viste con un certo grado di sospetto e superiorità. D’altronde gli europei sono perlopiù affezionati alle tedesche, per chi può acquistarle. Le auto cinesi che apparivano sul mercato qualche anno fa in effetti erano un po’ così. Complessivamente modeste: bruttine, spesso copiate in modo superficiale da modelli europei di successo, tecnologicamente poco fornite.
La rivoluzione dell’auto elettrica, che ha semplificato non poco le cose, anche a livello competitivo (secondo il ceo di Stellantis, Tavares, in Europa i cinesi hanno un vantaggio di costo del 25 per cento), ha di fatto accelerato il traghettamento dell’automotive verso un mondo nuovo, dove i marchi del Dragone provano a giocarsi la partita alla pari con i marchi consolidati.
Le case cinesi - come Changan e JAC Automotive, GAC, e Geely (con i marchi Lynk&Co e Zeekr) - continuano a investire massicciamente nel design. Ora la missione è creare vetture più appetibili anche per i clienti del Vecchio continente, di cui vengono monitorati gusti e tendenze. Vedendo gli ultimi modelli, sembra che lo studio stia dando dei buoni frutti.
Per ora i volumi di vendita delle cinesi in Europa sono limitati, ma, già adesso, la Cina è diventata il primo esportatore globale di auto, davanti al Giappone. I volumi in Europa sono stimati intorno all’1 per cento nel 2026. Ma sono desinati a crescere. E crescendo i volumi a quel punto servirà un salto strutturale: costruire in Europa. E ora dove andranno a costruire i cinesi? Secondo gli analisti in pole position ci sono Portogallo e Spagna e ovviamente l’Europa dell’Est.
In conclusione, non solo molti europei acquisteranno nel prossimo futuro un auto cinese, ma avranno buone probabilità di lavorare per un’azienda del Dragone. Mentre in molti continuano a intravedere in Pechino un avversario geopolitico ed economico, non si sono accorti che stavano arrivando. La Cina è fra noi.