Segretario generale dell’Onu per dieci anni, primo nero alla guida del palazzo di vetro e insignito del premio Nobel per la Pace nel 2001: il ghanese Kofi Annan è deceduto all'età di 80 anni dopo una breve malattia in un ospedale di Berna, in Svizzera, dove si era ritirato.
Nato a Kumasi, in Ghana, l'8 aprile 1938, era entrato nel sistema delle Nazioni Unite nel 1962 come un semplice impiegato amministrativo presso l'Organizzazione mondiale della sanità a Ginevra. In seguito, tra i vari incarichi, quelli per la Commissione economica per l'Africa ad Addis Abeba, l’Unità anticrisi delle Nazioni Unite a Ismailia e l'Alto commissario per i rifugiati a Ginevra.
Era succeduto al meno carismatico Boutros-Ghali e ha servito l’organizzazione internazionale più importante al mondo per due mandati, dal 1997 al 2006, oltre a ricevere il premio Nobel per la pace nel 2001, anche in virtù di una riconosciuta calma soprannaturale e di un carattere privo di rabbia, un perfetto mediatore.
È l'attuale segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, a fornire il profilo più lucido di Annan: "Sotto molti aspetti Kofi era l’Onu, che ha guidato con dignità e determinazione ineguagliabili". Il presidente russo, Vladimir Putin, ha salutato la sua "saggezza e coraggio" e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, lo ha descritto come "uno statista eccezionale al servizio della comunità globale".
Ma in questo oceano di complimenti, non è stato tutto rose e fiori per Annan e la sua apparente imperturbabilità si è rivelata, al contempo, la sua principale debolezza. Due macchie indelebili sono rimaste nella sua eccellente carriera. La condotta durante il genocidio del Ruanda nel 1994 e il massacro nella città bosniaca di Srebrenica nel luglio 1995 erano state oggetto di feroci critiche. In entrambi i casi, le Nazioni Unite avevano schierato le truppe sotto il comando di Annan, senza riuscire a salvare la vita dei civili che avrebbero dovuto, invece, proteggere. Anche la missione in Somalia era stata un fallimento. Eppure ha sempre rifiutato di riconoscere qualsiasi responsabilità personale o istituzionale per queste debacle.
Certo, il suo mandato come segretario generale, che era iniziato sei anni dopo il crollo dell'Unione Sovietica, attraversando gli attacchi dell'11 settembre 2001 e la successiva guerra degli Stati Uniti contro l'Iraq nel 2003 (aspramente criticata da Annan), è stato uno dei periodi più turbolenti delle Nazioni Unite dalla sua fondazione nel 1945.
Ma, poi, un altro incidente di percorso lo aveva messo in difficoltà: un'indagine del 2005 su Annan e suo figlio per uno scandalo sul commercio di petrolio. Alcuni considerarono questo episodio come una punizione per la sua condanna dell'invasione irachena da parte degli Usa. Seppur assolto da gravi illeciti, un'inchiesta aveva in seguito accertato comportamenti al limite della legalità nei rapporti tra una società svizzera e suo figlio, spingendo Annan ad ammettere che la vicenda lo aveva messo a dura prova non solo come segretario generale, ma anche come padre.
Resta il fatto che il mite ghanese ha rappresentato un’organizzazione che non è perfetta, ma che se non ci fosse bisognerebbe inventarla.