A marzo 2020, il presidente russo Vladimir Putin organizzò una “spedizione” in Italia, in piena emergenza Covid-19. Un gruppo di 72 russi, militari e dei Servizi segreti, raggiunsero Milano e poi Bergamo, zone rosse, per una “missione internazionale di soccorso” contro il terribile virus.
Tuttavia, ora emerge un’altra verità. I militari e gli 007 russi si trovarono nel nostro Paese per altri motivi. Come spiega il Corriere della Sera, per “evidenti anche se segrete e misteriose finalità di intelligence”.
Solo 32 persone di quel gruppo (medici e infermieri) andarono negli ospedali di Bergamo, allora fra le zone più devastate dal Covid-19, mentre di cosa si siano occupati gli altri 40 russi non è chiaro. Si vocifera dell’eventualità di accordi segreti siglati in Italia in quei giorni che Mosca sarebbe pronta a diffondere.
Militari e 007, fedelissimi di Putin, raggiunsero San Siro, a Milano, quartiere che, in via Sant’Aquilino, ospita la sede del consolato russo, una sorta di ‘protettorato’ di Alexei Vladimorovich Paramonov, il direttore del Dipartimento europeo del ministero degli Esteri che i giorni scorsi, in risposta alle sanzioni economiche, ha minacciato l’Italia.
A cosa servì quell’incontro in via Sant’Aquilino? Forse a pianificare la permanenza in Italia, come ipotizza il Corriere, considerato che la missione durò ben due mesi. “Tipiche attività di intelligence - scrive il noto quotidiano - operazioni in un territorio Nato”, probabilmente per “visitare luoghi, scattare fotografie, stilare mappe, organizzare sopralluoghi, compiere valutazioni dal vivo, senza dimenticare la possibilità, con la scusa dell’operazione sanitaria, di accedere in ospedali e acquisire dati sensibili”. In altri termini, spiarci.
La Russia cercò di ripetere la mossa con la Cina, che rifiutò di concedere l’ingresso, a differenza di quanto successo in Italia.
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