Armi, gas, grano. Stati Uniti, Russia, Cina. Sono le carte di Joe Biden, due tris. Il problema numero uno è militare - la Casa Bianca ha ottenuto dagli alleati ciò che voleva (l’aumento della spesa militare al 2% del Pil) - poi c’è quello geopolitico: il nuovo ordine mondiale fondato sulle forniture di energia, le ambizioni della Cina e l’alleanza del Dragone con la Russia.
L’Alleanza atlantica, che Macron definì “cerebralmente morta”, per Biden “è più forte e unita che mai”. Il presidente Usa promette di far scontare a Mosca “il prezzo di questa offensiva brutale”. E se Vladimir Putin aveva scommesso su una Nato spaccata, in realtà “ha ottenuto come risultato esattamente il contrario”.
E Trudeau? Nel piano di Biden, il premier canadese riveste un ruolo chiave, perché il suo Paese non è solo un grande produttore di energia (gas e petrolio) ma anche di grano, l’altra materia prima che la guerra in Ucraina ha reso rara e preziosa. “Al G7 abbiamo parlato di come i grandi produttori, Canada e Stati Uniti, possano incrementare la produzione di grano e distribuire più cibo nel mondo”, spiega Biden.
Ecco, infine, le nuove sanzioni contro l’establishment russo, ovvero la Duma con i suoi 328 legislatori (proprio come aveva chiesto al Congresso statunitense Volodymyr Zelensky), il direttore esecutivo della più grande banca russa (Sberbank), Herman Gref, nonché il miliardario Gennadi Timchenko. Nel mirino anche 48 imprese della difesa.
Siamo ancora nel primo tempo di una lunga partita che per ora senza pace.