La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina continua: se nove anni fa il tema del contendere riguardava gli pneumatici, oggi si combatte per sorgo, lavatrici e pannelli solari: alluminio e acciaio potrebbero essere i prossimi beni sul piatto. Il presidente Donald Trump promette dazi e azioni commerciali contro la Cina per concorrenza sleale, ma la realtà è molto più complessa e il governo di Pechino ha già pronta la contromossa.
Una guerra a tutto campo appare improbabile perché, di fatto, la Cina detiene una posizione di vantaggio dovuta a una collaudata politica economica che ha garantito prezzi bassi per le sue esportazioni, sussidi per le principali aziende statali, forti restrizioni per le società straniere. Le case automobilistiche statunitensi che fanno affari in Cina sono costrette a collaborare con un'impresa di auto locale e devono trasferire la loro tecnologia al partner cinese: al contrario un’azienda cinese può costituire liberamente un’impresa negli Usa senza restrizioni. E questo è solo un esempio.
La Cina detiene di fatto un monopolio in patria rispetto ai suoi concorrenti stranieri anche perché forte di un mercato interno composto da un miliardo di consumatori: le imposte e le restrizioni commerciali per gli operatori stranieri in Cina hanno garantito lo sviluppo incontrastato di multinazionali in tutti i campi, sotto l’ala protettiva del governo. Il “Great Firewall” cinese blocca le compagnie internet a stelle e strisce – Facebook, Google, Twitter – e consente alle proprie società web, come Baidu, di espandersi incontrastate. Mentre Whatsapp è off limits in Cina, WeChat “made in China” può operare liberamente negli Stati Uniti.
Per questo le concessioni che potrà fare la Cina alle pressioni statunitensi saranno comunque poca cosa rispetto al peso reale dell’economia cinese che continuerà a essere determinante per le sorti del mercato globale: in realtà la Cina ha già vinto.