Il giorno dopo l’attacco alla nave da guerra italiana “Caio Duilio” e l’affondamento completo del cargo britannico Rubymar nel Mar Rosso, le milizie Houthi dichiarano dallo Yemen che continueranno a colpire le navi britanniche che passeranno nello stretto di Aden.
La loro campagna aggressiva di attacchi con droni e missili cominciata a fine novembre andrà avanti in parallelo con la guerra israeliana nella Striscia di Gaza, perché le centinaia di raid aerei americani e britannici sulle posizioni yemenite per ora non sembrano avere effetto.
Nell’assortimento di milizie armate che sono sparpagliate per tutto il Medio Oriente e prendono ordini dall’Iran, gli Houthi dello Yemen sono un soggetto speciale. Le altre milizie sono gruppi paramilitari più o meno tollerati dagli Stati che li ospitano – come succede da anni in Libano, Iraq e Siria – ma non hanno nemmeno un chilometro quadrato di territorio, almeno dal punto di vista ufficiale. Gli Houthi controllano, invece, un quarto del territorio yemenita.
Una partita, quella del Mar Rosso, che per l’Italia (dal punto di vista economico) vale parecchio: 154 miliardi di euro. A tanto, infatti, ammonta il valore dell’import-export marittimo italiano che transita dal canale di Suez, il 40 per cento del totale.
Rendere inagibile un’arteria tanto vitale può mettere in crisi l’intero sistema economico del Paese, se rapidamente non verranno individuate le contromisure. Il problema, per quanto riguarda la merce che si sposta via mare (il 90 per cento del totale), è che l’Italia è soprattutto spettatrice di una catena logistica governata dai grandi vettori marittimi. E ora messa in crisi dagli Houthi.