Jair Bolsonaro prefigura un cupo scenario per il suo paese: ha spiegato che se dovesse ordinare ai militari di andare in strada per ripristinare l’ordine, l’esercito brasiliano eseguirebbe la sua volontà.
Il presidente della prima economia dell’America Latina ha aggiunto di non voler “dettagliare ciò che sto preparando”. Si è limitato a sostenere che “se dovessimo avere problemi, abbiamo un piano e le nostre forze armate potrebbero scendere in strada.” I commenti di Bolsonaro, un ex capitano dell’esercito che da tempo loda la dittatura militare brasiliana durata due decenni, infiammano le polemiche sulla politicizzazione dell’esercito.
Frasi che evidenziano un certo nervosismo da parte del leader brasiliano. La pressione su Bolsonaro è cresciuta progressivamente da quando è parso sempre più evidente che la pandemia è fuori controllo. Il Brasile evidenzia il secondo più alto numero di morti (in termini assoluti) a causa del Covid al mondo dopo gli Stati Uniti.
Ma a preoccuparlo, appunto, non sembra la diffusione del Covid. C’è dell’altro. Con sette voti a favore e due contrari la Corte Suprema Federale brasiliana ha condannato l’ex giudice Sergio Moro e assegnato una seconda vittoria a Luiz Inácio Lula da Silva. Il verdetto non era scontato. Ma stabilire che l’ex eroe di Lava Jato, il magistrato che ha guidato la più grande inchiesta sulla corruzione di questo secolo in Brasile e altri 12 Paesi del continente, ha avuto una condotta di parte, che nei confronti di Lula è stato persecutorio, guidando i pm su dove e come trovare le prove a carico, significa affossare lui e la sua intera attività giudiziaria.
Il leader della sinistra ora è pronto per lanciare la candidatura alle presidenziali del 2022. Ed è abbastanza per far salire alle stelle la preoccupazione di Bolsonaro, come confermano le parole su un possibile intervento militare.
