L’Ue annuncia un piano di riforme basato sul rapporto Draghi

Annunciato un piano di riforme basato sul rapporto Draghi

Le riforme economiche nell’Ue “sono diventate ancora più urgenti” dopo la vittoria di Donald Trump nelle presidenziali statunitensi, ha evidenziato l’8 novembre Mario Draghi in occasione di un vertice a Budapest, in Ungheria.

All’inizio di settembre l’ex presidente del consiglio italiano aveva pubblicato un rapporto con le sue raccomandazioni per rilanciare la crescita nell’Unione europea, che sta perdendo terreno rispetto agli Stati Uniti.

“Le mie raccomandazioni erano già urgenti, considerando la situazione economica in cui ci troviamo, ma lo sono ancora di più dopo le presidenziali statunitensi”, ha dichiarato al suo arrivo nella capitale ungherese.

Il presidente eletto repubblicano si è impegnato ad affrontare il surplus commerciale dell’Ue introducendo dei dazi sulle importazioni di prodotti europei.

“In assenza di cambiamenti radicali, l’Ue dovrà affrontare una lenta agonia”, aveva avvertito Draghi nel rapporto.

Nel documento di quattrocento pagine Draghi sostiene che l’Europa dovrebbe stimolare la crescita attraverso massicci investimenti nell’innovazione digitale, nella transizione ecologica e nell’industria della difesa.

La competitività è al centro del secondo mandato della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che si è impegnata a seguire le indicazioni di Draghi.

Tuttavia, il successo del progetto è tutt’altro che garantito a causa degli interessi divergenti e dei disaccordi ideologici tra gli stati membri. Il rapporto Draghi sta, per esempio, suscitando alcune riserve in Germania.

Secondo Draghi, l’Ue sta perdendo terreno dal punto di vista economico rispetto agli Stati Uniti e aumentando pericolosamente la sua dipendenza dalla Cina per alcune materie prime e tecnologie strategiche. “Dal 2000 il reddito pro capite negli Stati Uniti è cresciuto quasi il doppio rispetto all’Europa”, ha sottolineato.

L’ex presidente della Banca centrale europea (Bce) stima che nel vecchio continente siano necessari investimenti tra i 750 e gli 800 miliardi di euro all’anno, più del Piano Marshall statunitense, che contribuì alla ricostruzione dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale.

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