Dopo anni di crisi, l'economia europea ha accelerato. La disoccupazione, pari al 7,1%, è al di sotto del livello pre-crisi e la crescita rimarrà al di sopra del 2% quest'anno e nel prossimo.
Se questa è una buona notizia, i miglioramenti tuttavia sono fragili e distribuiti in modo non uniforme. Così come l'impennata del protezionismo rappresenta un rischio rilevante per l'economia europea. E il fatto che alcuni paesi Ue abbiano ancora una disoccupazione più alta e un tenore di vita più basso rispetto al periodo pre-crisi ha, pericolosamente, rafforzato il sostegno ai partiti anti-Ue.
L'area dell'euro è, contrariamente a molte previsioni, sopravvissuta alla crisi e migliorato il suo funzionamento. Tuttavia, gli squilibri permangono e il progresso verso l'Unione monetaria è ancora incompleto. E per riuscirci il segretario dell’Ocse, Angel Gurria, indica due step principali. Primo, un Fondo monetario europeo. Secondo, un sistema comune di assicurazione dei depositi per consentire a quello bancario di operare efficacemente in tutta l’eurozona.
Tuttavia, l’Unione monetaria non è di per sé sufficiente. E le scelte adottate dalla Bce si sono dimostrate inefficaci nel gestire una fase caratterizzata da domanda modesta e inflazione bassa. E, dall’altro lato, le politiche fiscali nazionali sono ancora gravate da elevati livelli di debito pubblico.
Per “sbloccare” la situazione uno dei passi da compiere è verso l'avanzamento dell'Unione dei mercati dei capitali, che è essenziale per consentire a quella monetaria di funzionare efficacemente. Negli Stati Uniti, le obbligazioni societarie in circolazione sono circa 4 volte più grandi dei prestiti bancari alle società, mentre nell'area dell'euro tale rapporto è invertito.