Seguono alcuni passaggi di un articolo firmato da Massimo Cacciari e pubblicato da l’Espresso
Il tempo ha subito un’accelerazione tremenda. Gli Stati Uniti si ritirano dall’idea dell’impero di uno solo. Gli equilibri globali possono nascere soltanto dal compromesso tra i grandi, secolari spazi imperiali, e saranno sempre perciò equilibri conflittuali. L’Europa può competere in questo spazio soltanto come federazione di Stati.
Le crisi ad ogni livello che hanno segnato l’Europa dopo il fatale ’89 evidenziano l’impossibilità di proseguire sulla vecchia strada, quella dell’illusione che l’unità monetaria e di mercato producesse l’unità politica.
Emerge la necessità di costruire una reale unità politica europea ad una riforma interna dei diversi Stati che abbia al suo centro il valore dell’autonomia e della sussidiarietà. Se un’Europa politica mai potrà nascere dalla semplice frantumazione degli Stati nazionali, altrettanto è vero che mai potrà esprimersi come il patto tra Stati tesi esclusivamente alla conservazione della loro antica forma burocratico-centralistica, nemici di ogni autentica autonomia al loro interno.
L’accelerazione straordinaria del nostro tempo produce, sul terreno della storia e delle culture d’Europa, un incessante insorgere di bisogni e domande, che si intrecciano col nascere di nuove professioni, nuove forme di lavoro dipendente e autonomo (o pseudo tale). Dar forma a questi tellurici sommovimenti è la vera missione della politica oggi.
Dall’ambiente alle politiche industriali, dalla riforma della giustizia al fronte degli interventi necessari su fine-vita e eutanasia, per finire a quello che ci impegnerà per i prossimi decenni sull’immigrazione, ovunque insorge drammaticamente l’urgenza di innovare sul terreno fondamentale di diritti e doveri. Una sua ridefinizione è il compito di una politica futura capace di ascoltare il vagito dell’infante piuttosto che le decrepite paure del sopravvissuto.