Giovedì sera, la Corte costituzionale polacca ha dichiarato che ogni sentenza o atto normativo dell’Ue deve essere conforme alla legge polacca, pena l’inapplicabilità in quel paese. La sentenza ha implicazioni potenzialmente dirompenti. La Polonia afferma che la sua adesione all’Ue e la firma dei trattati non equivalgono a spostare la propria sovranità verso un’entità esterna. In altre parole, la Polonia non riconosce più la supremazia delle leggi europee sulle proprie, ossia uno dei princìpi fondanti dell’Ue.
Le tensioni tra Bruxelles e Varsavia sono salite nei mesi scorsi dopo che la Corte di giustizia europea, in una sentenza, aveva definito incompatibile con il diritto dell’Ue una riforma del sistema giudiziario polacco voluta dal governo di estrema destra, il cui obiettivo (non dichiarato esplicitamente) è di mettere sotto un controllo più intenso la magistratura. Il problema è che per l’Ue l’indipendenza degli organi giudiziari è un pezzo centrale dell’anima europea e non è negoziabile.
Tra i paesi europei a fare il primo passo sono i Paesi Bassi. Il premier olandese Mark Rutte si appresta a chiedere alla Commissione europea di “non approvare” il Recovery Plan polacco da 36 miliardi di euro almeno finché non sarà risolta la questione relativa alla sentenza con cui la Corte Costituzionale di Varsavia ha contestato il primato del diritto europeo.
Ancora più duro è l’attacco di Jean-Claude Juncker. “Resto in attesa della reazione finale della Commissione europea, che mi sembra vada nel senso giusto – dice a Repubblica l'ex presidente dell’organo di governo dell’Ue -. Ma considero questa sentenza un attentato sistemico contro la supremazia del diritto europeo e un’avventura di cui non sono chiare le conseguenze.” In ogni caso – aggiunge Juncker - “l’88% dei polacchi non vuole l’uscita dall’Unione”, come confermano le manifestazioni dei giorni scorsi a Varsavia e in oltre 30 città del paese che hanno visto la partecipazione di centinaia di migliaia di polacchi.
Si teme comunque un effetto domino. Oltre ad aver incassato il sostegno di Orban, il premier dell’Ungheria, Varsavia guarda anche alla Francia, dove i candidati di estrema destra alle elezioni presidenziali del prossimo anno cominciano a parlare di ‘Frexit’.