La nuova strategia della Germania: allargamento dell’Ue a 36 paesi e superamento del diritto di veto

“L’Ucraina non è il Lussemburgo e il Portogallo non ha lo stesso sguardo sul mondo della Macedonia del Nord”, ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz per giustificare l’addio al diritto di veto

La nuova strategia europea di Berlino
Olaf Scholz

Il futuro che verrà. Il cancelliere tedesco ha approfittato di una visita a Praga, il cui governo detiene in questo semestre la presidenza di turno del Consiglio Ue, per illustrare al premier ceco Petr Fiala la sua prospettiva europea.

Olaf Scholz si è detto a favore dell’allargamento dell’Unione a Ucraina, Moldavia, Georgia e ai paesi dei Balcani, fino ad arrivare a 30-36 Stati membri (“il fatto che l’Ue continui ad estendersi a Est è un vantaggio per tutti noi”, ha detto), oltre che – questo è il punto centrale - al superamento delle decisioni all’unanimità e al diritto di veto da parte dei singoli Stati, per evitare la paralisi delle istituzioni.

Negli ultimi mesi, non per caso Scholz ha viaggiato a lungo nei Balcani. Dei 6 paesi della regione, 4 sono già candidati ufficiali (Serbia, Montenegro, Macedonia del Nord e Albania) e altri due non ancora (Kosovo e Bosnia-Erzegovina), ma tutti hanno siglato un accordo di stabilizzazione e di associazione con l’Ue.

Tornando all’allargamento, “l’Ucraina non è il Lussemburgo - ha detto Scholz per giustificare il superamento del diritto di veto - e il Portogallo non ha lo stesso sguardo sul mondo della Macedonia del Nord”. Il rischio, nell’ottica di Berlino, è che un solo paese impedisca l’avanzamento di tutti gli altri. In verità, questo tipo di problema è aumentato in modo rilevante proprio in relazione all’allargamento dell’Ue.

Ma visto che la volontà politica continua a essere quella dell’espansione, la compressione di un elemento democratico diviene un pedaggio da pagare. Allo stesso, ci potrebbe essere un ulteriore risvolto. Scholz propone di passare progressivamente alle decisioni prese a maggioranza nella politica estera comune ma anche in altri campi, come la politica fiscale. Il che significherebbe provare a traghettare l’Europa verso un’Unione completa. Con tutte le difficoltà di mettere d’accordo, in un possibile futuro, quasi una quarantina di paesi. Operazione non facile, con o senza veto.

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