Per il cancelliere Olaf Scholz si mette male. Nel Partito socialdemocratico tedesco (Spd), di cui il capo del governo federale è esponente, montano giorno dopo giorno le voci di quanti chiedono la sua destituzione. In un recente sondaggio, la Spd è crollata al 13 per cento che, oltre a rappresentare il minimo dall’aprile del 2021, segna un calo del 12,7 per cento dal risultato con cui vinse le elezioni a settembre dello stesso anno.
Da allora, la popolarità di Scholz è precipitata al 19 per cento. Il cancelliere è il meno amato tra tutti i suoi predecessori, mentre il ministro della Difesa Boris Pistorius, anch’egli socialdemocratico, è il politico più amato, con un gradimento al 42 per cento. Sarebbe proprio lui il “cancelliere in riserva” con cui sostituire Scholz per recuperare consensi.
D’altronde, i segni della stabilità e della fiducia, un tempo il vero marchio tedesco, sembrano scomparsi. Cedono il posto a incertezze, insoddisfazioni e paure. L’economia non aiuta più, la recessione è lì a confermarlo (una circostanza molto negativa anche per l’Italia il cui primo partner commerciale è proprio la prima economia europea).
Il fatto è che la guerra alle porte e la stretta finanziaria hanno compresso i margini di investimento, incrinando lo stesso modello tedesco. In tale contesto, di inserisce la debolezza di un cancelliere, privo di carisma, che sta gettando le basi per un qualche ribaltone in salsa tedesca.