La Scozia ha un nuovo governo locale, guidato dalla leader degli indipendentisti dell’Snp Nicola Sturgeon e sostenuto dai Verdi come il precedente. Ma questa volta c’è un fatto nuovo: l’inedito ingresso diretto della formazione ecologista, che in passato si era invece limitata all’appoggio esterno. Una novità assoluta nell’intero Regno Unito.
La compagine vedrà la presenza di sottosegretari, anche se non di ministri Verdi, e garantirà all’Snp di consolidare il proprio controllo dell’Assemblea di Edimburgo dopo aver rivinto le elezioni amministrative del maggio scorso mancando tuttavia di un seggio l’obiettivo della maggioranza assoluta.
L’accordo, illustrato da Sturgeon e dai co-leader della branca scozzese dei Verdi britannici, Lorna Slater e Patrick Harvie, include l’impegno comune a cercare di ottenere un referendum bis post Brexit sulla secessione dal resto del Regno entro la metà della legislatura regionale attuale, cioè nel 2024, ma solo a patto che frattanto l’emergenza legata alla pandemia sia del tutto superata.
Nel programma figurano anche proposte di accelerazione delle strategie ambientali contro il cambiamento climatico, anche se Sturgeon ha imposto ai Verdi un atteggiamento meno radicale nei confronti dell’industria petrolifera e del gas, ambito cruciale in Scozia, siglando un impegno alla revisione delle licenze per l’estrazione (legata al contenimento delle emissioni nocive), ma non a fissare alcuna scadenza sulla loro cancellazione.